(quinta e ultima parte)
a cura di Filomena e Daniela
In onore delle donne che hanno lavorato nel cerchio con grazia ed eleganza, onorando gli elementi della natura, le stagioni, i colori 1
sono fatta di terra e di pietre di erba di alberi e corsi d’acqua
sono fatta di fango di cielo di nuvole e vento
sono fatta di zolle e radici di sabbia di paglia e di fichi d’india
sono fatta di aghi di pino di asfalto e di pece
sono fatta di buio e luce
sola me ne sto
ancora per un po’
prima di svelarti tutto
sola me ne sto
ancora per un po’
prima di affrontare
questo lungo viaggio
sono fatta di strani disegni che fanno al tramonto le rondini
sono fatta di vicoli scuri di plastica e carta
sono fatta di aspre montagne di campi arati e salsedine
sono fatta di spine di agavi puzza di bruciato e di iodio
sono fatta d’amore e odio
sola me ne sto
ancora per un po’
prima di svelarti tutto
sola me ne sto
ancora per un po’
prima di affrontare
questo lungo viaggio
sono fatta di antichi silenzi che a sera diventano canti
sono fatta di luce di candele di pane di burro e di miele
sono fatta di suoni di passi di voci che si fanno pianti
sono fatta di corse d’estate di risa e ginocchia sbucciate
sola me ne sto
ancora per un po’
prima di svelarti tutto
sola me ne sto
ancora per un po’
prima di affrontare
questo lungo viaggio
In onore degli uomini che hanno lavorato nel cerchio con un immaginario e archetipi maschili
L’ Andimironnai è un canto antichissimo che si canta in cerchio .
Quando all’interno di una comunità c’erano dei problemi da risolvere, si cantava s’andimironnai, si faceva s’accordu, accompagnato da una danza molto semplice , un’oscillazione avanti e indietro del corpo che stava a simboleggiare l’unione del cielo con la terra….” 2
Piove la mattina di domenica e la natura c’è ed è potente ….
Ci dedichiamo alla connessione con la decrescita partendo dalle spirali autobiografiche dell’incontro con il sacro del pomeriggio.
Più esattamente, in plenaria, le persone che hanno partecipato al laboratorio, riportano le note biografiche ed evidenziano aspetti e caratteristiche che estrapolate dal contesto spirituale – sacro possono essere considerate quali parole chiave e pensieri che possono fare emergere una sorta di manifesto della decrescita, anzi per citare Serge Latouche riporto di seguito il nostro “Tao della decrescita” emerso a conclusione del laboratorio del 5 novembre 2011.
la via della Decrescita è apertura … una porta per entrare: Ospitare.
E’ nel canto, nell’assenza, nella felicità, nel benessere e nella leggerezza;
La donna e l’uomo sono fatti di terra. La ciclicità, evidenziata da un tipo di cultura che potrebbe riemergere, è stata superata. Possiamo fermarci e rielaborarla?
È il ricongiungimento nella Bellezza. Può essere inconsapevolezza e connessione, il ritorno allo stupore e nella apertura alla profondità;
La via della Decrescita segue il recupero del Tempo ed è il concepire che si è parte integrante della Natura, per essere nel flusso … esserci nella profondità dei gesti e nell’Arte;
Seguire una via che può portare ad una maturazione di una visone del trapasso. E’ la Cura3 e la liberazione dalla religione del sistema profitto.
La Cura è la ricerca di autonomia, come lo è la decrescita … un percorso di maturazione e di “crescita”.
La comunità che si crea è sacra, con libertà e serenità contempliamo il filo della vita che si costruisce insieme con la Natura e con la Terra.
La decrescita è un viaggio, essere nel movimento, nell’unione, nel sentirsi nel rispetto dell’altro da me e nell’arte del dono.
E’ contemplazione dell’Arte, della Natura e dei suoi paesaggi … guardare e commuoversi nell’insegnamento senza intellettualismi … è il culto degli antenati e della consapevolezza della morte.
E’ la ricerca del distacco dalla pesantezza, nel gioco e nell’infanzia, nell’arte e nella Musica … è la complessità.
La via della decrescita porta ad ammettere il limite, il tutto e il niente, l’intangibilità dello spazio e del tempo … la trasformazione del negativo in positivo … un dolore che si trasforma in energia.
1 Tratto dal report di Maya dell’incontro – “Sensibili alle forme”
2 – “Or rhu a s’andhira” a cura di Grazia Dentoni e con la collaborazione di Enrico Euli
3 “Secondo me il materno è il fondamento dell’umano perché tutti noi dobbiamo ricevere cure da altre/altri quando siamo piccoli. Queste Cure possono essere date da donne, da uomini da famiglie allargate, da villaggi. L’aver ricevuto cure è alla base del sociale e accomuna tutti, meno forse quegli organi trascurati in istituzioni che si sviluppano a stento. In genere ora le società assegnano alle madri biologiche il compito di curare i figli, ma non sempre, e poi ci sono ancora quelle società dove tante persone aiutano. Nella nostra società patrialcal -capitalista di solito creiamo una falsa identità maschile basata sul non essere madri. Abbiamo (queste non-madri hanno) eliminato le cure materne dalla filosofia e la scienza, insomma dalla conoscenza e le abbiamo eliminate dal mercato, che è anti-dono e che anzi prende tutti i doni e le cure li trasforma in profitto. Il fatto di formare l’identità maschile e il mercato in questo modo penalizza quelle che hanno quell’identità, cioè le donne e penalizza e sfrutta anche il modo di distribuzione materno che è l’economia del dono”. Genevieve Vaughan – Economia del dono – Per-donare.
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