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sabato 19 giugno 2010

[1/6] Come fare ad arricchirci delle differenze? E costruire insieme un terreno condiviso?

Riportiamo una serie di quesiti e proposte elaborati da Alberto Castagnola per la tre giorni sui temi della decrescita
"MALTAGLIATI E VECCHI MERLETTI" : Bolsena il 17–18–19 Ottobre 2008.

[1/6] Come fare ad arricchirci delle differenze? E costruire insieme un terreno condiviso?

Non possiamo dare per scontato che tutti riconoscano il valore delle differenze; anzi viviamo in un contesto che in misura crescente considera le differenze, specie quelle superficiali (colore della pelle, forma degli occhi, lingua madre, ecc.) un vero e proprio disvalore, cioè delle caratteristiche che vengono automaticamente associate a minore intelligenza, scarsa capacità lavorativa, costumi primitivi, tendenze alla criminalità. Inoltre tutte le ricerche e le analisi più approfondite vengono rifiutate in blocco: concetti come l’origine dell’umanità è in una gola, quella dell’Olduvai, in Africa, oppure che la fisiologia umana non porta a concludere sull’esistenza di “razze superiori”, vengono considerate delle panzane messe in circolazione da buonisti un po’ stupidi. Quindi purtroppo è necessario in via preliminare sgombrare il campo dai pregiudizi e dai razzismi (tra l’altro in rapida crescita anche in Italia) e ciò richiede un lavoro non indifferente e in molte zone assolutamente minoritario.

L’idea di un mondo costituito da una molteplicità di gruppi umani che seguendo percorsi diversi in epoche non parallele abbiano costruito delle culture e dei sistemi di valori molto originali sembra essere un concetto facilmente accettabile solo da un ristretto numero di persone. Tale visione del mondo, poi, per essere approfondita e percepita a fondo richiede delle esperienze positive, abbastanza rare nel mondo capitalistico: una crociera o un soggiorno nei Club Mediterranèe forniscono pochissime occasioni di contatto reale con le culture dei posti di destinazione e un viaggio turistico organizzato, “cinque giorni e quattro notti in quattro paesi del Medio Oriente”, fornisce spesso ai partecipanti solo un mucchio di pregiudizi e delle esperienze affastellate, difficilmente cancellabili nel resto della vita. La televisione completa l’opera con documentari casuali su realtà parziali collocate in una geografia approssimativa (una tribù preistorica in Alta Amazzonia).


Una cultura è sempre un insieme complesso di immagini e miti, di sensazioni e visioni del mondo, di valori e comportamenti che richiedono del tempo per essere conosciuti e dell’altro tempo per essere apprezzati. Inoltre queste esperienze più profonde richiedono di essere confrontate con altre conoscenze approfondite di culture che hanno seguito percorsi evolutivi completamente diverse. Il risultato, inoltre, non deve portate a giudizi generici, tipo “ogni gruppo deve essere accettato per quello che è” (un relativismo culturale non meno pericoloso) e deve essere filtrato attraverso la conoscenza approfondita della propria cultura, anch’essa però non frettolosa o superficiale e molto critica.

Credo che solo a questo punto del percorso si sia in grado di apprezzare veramente la "diversità”, cioè di cogliere gli aspetti più stimolanti e preziosi di una cultura, assorbendone gli aspetti più eccitanti per il nostro spirito e aumentando le sfaccettature (teoricamente infinite) della nostra visione del mondo.

La costruzione di un terreno condiviso richiede in via preliminare questo sforzo, forse l’unico che renda la vita degna di essere vissuta pienamente e fonte di continue soddisfazioni.


La condivisione per essere reale (cioè non solo un atteggiamento genericamente umano verso gli altri abitanti del pianeta) deve rispondere ad alcune condizioni essenziali:

a) essere animati da una curiosità inesauribile per le culture diverse dalla propria

b) avere una capacità di rapporti che tenga conto in via prioritaria delle esigenze degli altri

c) escludere ogni posizione di forza o di potere e saper rispettare condizioni di pariteticità (non di uguaglianza formale) in ogni articolazione dei rapporti


Tutto ciò premesso, è meraviglioso entrare in una capanna vivendola come casa propria e godere di usi e costumi magari antitetici ai nostri senza sentirsi in obbligo di giudicare o di aggredire. Così facendo entreremo finalmente in contatto con le nostre radici e con la nostra coda e ci troveremo a lavorare spalla a spalla con un indigeno brasiliano senza saperci distinguere l’uno dall’altro.

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