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Benvenuti nel blog del LABORATORIO ITINERANTE della DECRESCITA di ROMA

sabato 31 dicembre 2011

Work in progress 2012


Per informazioni o aggiornamenti sulle attività e sul lavoro di ricerca del LABORATORIO ITINERANTE DELLA DECRESCITA DI ROMA potete scrivere a una delle seguenti e-mail:

venerdì 23 dicembre 2011

Per la cura delle donne, al Centro Donna Lisa: buon compleanno 2011

Per la cura delle donne dal Laboratorio itinerante decrescita al Centro Donna Lisa

una donazione e un grazie di cuore!

Buon Compleanno 2011


Pensieri in libertà sulla Decrescita …

La decrescita è una bicicletta con i freni. No, la decrescita è una bicicletta senza freni che consente il contatto e un diverso rapporto con la natura, impari dai muscoli, sulla tua pelle la conoscenza e coscienza del limite

La convivialità è pericolosa e affascinante, come le differenze, la diversità è esaltante

La decrescita è tornare alla pura manualità come nell’arte. L’arte consente di porre un rapporto con la parte più profonda di te, quella sedimentata in te, mentre elimini le sovrastrutture … e le mani sono legami di intimità.

Il mondo moderno ti distoglie ti distrae e così operando ti sottrae da te. Lo sviluppo è stereotipato …… non cresci. Il divano è statico non si è curiosi del mondo e non ci curiamo del mondo circostante, prima o poi se non si fa attenzione arriva la catastrofe.

Via da un mondo pieno di bisogni indotti verso un nulla infinito per ritrovare se stessi e regalare anche agli altri più pace e felicità.

Crescono cose che non servono, ma resta lo sporco, il lavoro, l’eccesso.

I tempi lavorativi imposti dalla sviluppo e dal sistema colonizzano l’immaginario

Lo sviluppo tecnico cambia anche lo sport che richiede una sempre maggiore specializzazione. Anche un fattore minimo diventa rilevante e ogni cosa è finalizzata a superare sempre di più il limite. Gli sportivi non sono più uomini ma macchine con la tuta aerodinamica della Nike!!!!

Il sistema terra è troppo o troppo poco?

La decrescita non è miseria, ma relazioni sociali, l’indipendenza dall’economia, l’importanza della comunità e della società

La decrescita tende a dare importanza allo spirito e non alla materia

La decrescita è TEMPO LIBERATO per stare con altri per raggiungere un concetto naturale: La BELLEZZA…. Il bene, il bello!!!

dall’incontro del LABORATORIO DECRESCITA del 21 dicembre 2006

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Laboratorio Itinerante della Decrescita - Roma - http://decrescitaroma.blogspot.com/

lunedì 19 dicembre 2011

Del senso del Sacro e della Grazia negli Antichi - in onore delle donne e degli uomini [5]


Dal "report del senso del sacro e della grazia e connessioni con la decrescita"
(quinta e ultima parte)

a cura di Filomena e Daniela


In onore delle donne che hanno lavorato nel cerchio con grazia ed eleganza, onorando gli elementi della natura, le stagioni, i colori 1


sono fatta di terra e di pietre di erba di alberi e corsi d’acqua

sono fatta di fango di cielo di nuvole e vento


sono fatta di zolle e radici di sabbia di paglia e di fichi d’india

sono fatta di aghi di pino di asfalto e di pece


sono fatta di buio e luce



sola me ne sto

ancora per un po’

prima di svelarti tutto

sola me ne sto

ancora per un po’

prima di affrontare

questo lungo viaggio


sono fatta di strani disegni che fanno al tramonto le rondini

sono fatta di vicoli scuri di plastica e carta

sono fatta di aspre montagne di campi arati e salsedine

sono fatta di spine di agavi puzza di bruciato e di iodio


sono fatta d’amore e odio


sola me ne sto

ancora per un po’

prima di svelarti tutto

sola me ne sto

ancora per un po’

prima di affrontare

questo lungo viaggio



sono fatta di antichi silenzi che a sera diventano canti

sono fatta di luce di candele di pane di burro e di miele

sono fatta di suoni di passi di voci che si fanno pianti

sono fatta di corse d’estate di risa e ginocchia sbucciate


sola me ne sto

ancora per un po’

prima di svelarti tutto

sola me ne sto

ancora per un po’

prima di affrontare

questo lungo viaggio




In onore degli uomini che hanno lavorato nel cerchio con un immaginario e archetipi maschili



L’ Andimironnai è un canto antichissimo che si canta in cerchio .


Quando all’interno di una comunità c’erano dei problemi da risolvere, si cantava s’andimironnai, si faceva s’accordu, accompagnato da una danza molto semplice , un’oscillazione avanti e indietro del corpo che stava a simboleggiare l’unione del cielo con la terra….” 2



Piove la mattina di domenica e la natura c’è ed è potente ….


Ci dedichiamo alla connessione con la decrescita partendo dalle spirali autobiografiche dell’incontro con il sacro del pomeriggio.

Più esattamente, in plenaria, le persone che hanno partecipato al laboratorio, riportano le note biografiche ed evidenziano aspetti e caratteristiche che estrapolate dal contesto spirituale – sacro possono essere considerate quali parole chiave e pensieri che possono fare emergere una sorta di manifesto della decrescita, anzi per citare Serge Latouche riporto di seguito il nostro “Tao della decrescita” emerso a conclusione del laboratorio del 5 novembre 2011.


    1. la via della Decrescita è apertura … una porta per entrare: Ospitare.

    2. E’ nel canto, nell’assenza, nella felicità, nel benessere e nella leggerezza;

    3. La donna e l’uomo sono fatti di terra. La ciclicità, evidenziata da un tipo di cultura che potrebbe riemergere, è stata superata. Possiamo fermarci e rielaborarla?

    4. È il ricongiungimento nella Bellezza. Può essere inconsapevolezza e connessione, il ritorno allo stupore e nella apertura alla profondità;

    5. La via della Decrescita segue il recupero del Tempo ed è il concepire che si è parte integrante della Natura, per essere nel flusso … esserci nella profondità dei gesti e nell’Arte;

    6. Seguire una via che può portare ad una maturazione di una visone del trapasso. E’ la Cura3 e la liberazione dalla religione del sistema profitto.


    1. La Cura è la ricerca di autonomia, come lo è la decrescita … un percorso di maturazione e di “crescita”.


    1. La comunità che si crea è sacra, con libertà e serenità contempliamo il filo della vita che si costruisce insieme con la Natura e con la Terra.


    1. La decrescita è un viaggio, essere nel movimento, nell’unione, nel sentirsi nel rispetto dell’altro da me e nell’arte del dono.


    1. E’ contemplazione dell’Arte, della Natura e dei suoi paesaggi … guardare e commuoversi nell’insegnamento senza intellettualismi … è il culto degli antenati e della consapevolezza della morte.


    1. E’ la ricerca del distacco dalla pesantezza, nel gioco e nell’infanzia, nell’arte e nella Musica … è la complessità.


    1. La via della decrescita porta ad ammettere il limite, il tutto e il niente, l’intangibilità dello spazio e del tempo … la trasformazione del negativo in positivo … un dolore che si trasforma in energia.



1 Tratto dal report di Maya dell’incontro – “Sensibili alle forme

2 Or rhu a s’andhira” a cura di Grazia Dentoni e con la collaborazione di Enrico Euli

3Secondo me il materno è il fondamento dell’umano perché tutti noi dobbiamo ricevere cure da altre/altri quando siamo piccoli. Queste Cure possono essere date da donne, da uomini da famiglie allargate, da villaggi. L’aver ricevuto cure è alla base del sociale e accomuna tutti, meno forse quegli organi trascurati in istituzioni che si sviluppano a stento. In genere ora le società assegnano alle madri biologiche il compito di curare i figli, ma non sempre, e poi ci sono ancora quelle società dove tante persone aiutano. Nella nostra società patrialcal -capitalista di solito creiamo una falsa identità maschile basata sul non essere madri. Abbiamo (queste non-madri hanno) eliminato le cure materne dalla filosofia e la scienza, insomma dalla conoscenza e le abbiamo eliminate dal mercato, che è anti-dono e che anzi prende tutti i doni e le cure li trasforma in profitto. Il fatto di formare l’identità maschile e il mercato in questo modo penalizza quelle che hanno quell’identità, cioè le donne e penalizza e sfrutta anche il modo di distribuzione materno che è l’economia del dono”. Genevieve Vaughan – Economia del dono – Per-donare.






venerdì 16 dicembre 2011

Del senso del Sacro e della Grazia negli Antichi - nel canto della Dea [4]


Dal "report del senso del sacro e della grazia e connessioni con la decrescita"
(quarta parte)

a cura di Filomena e Daniela


In CERCHIO ci prendiamo per mano e intoniamo un canto ognuno sceglie una vocale e canta insieme agli altri facendo un girotondo.

Del tessere e del filare nel canto della Dea”


“ … in queste mura, soggiorna, io non so ben se donna o diva.

Che tele operando, del suo dolce canto

Tutte fa sentir la casa intorno. …”


La Dea tesse e canta. Ai fili e all’opera delle sue dita, aggiunge il suono, la vibrazione, il suo respiro.

La Dea accompagna il suo canto con l’opera delle sue dita, intrecciando materialmente i fili del mondo.

Ella, dunque, entra nel mondo, diventando mondo lei stessa.

Come una antica divinità, ella crea non solo con il suono della sua voce, che è pneuma, soffio, spirito, sostanza eterea e sottile; ma anche con l’opera delle sue mani che plasmano lo spirito e lo rendono tangibile nel mondo. Il suo canto, non appena fuoriesce dalla sua bocca, sembra addensando, divenendo il filo lucente con cui la Dea tesse la tela dell’universo.

Come il ragno, dalla cui bocca fuoriesce il trasparente filo che diverrà tela, così dalla bocca di Circe fuoriesce il luminoso filo per divenire il canto ammaliante con cui la Dea imprime all’universo un ritmo di suoni, con pause e cadenze precise.” 1


. Ciò che proveremo a fare noi ora, come in un viaggio Creativo/Costruttivo, sarà quello di tracciare un percorso, una strada, un arazzo, un lavoro di tessitura2 …. Non sappiamo dove ci porterà questo viaggio fatto di fili e colori …. Non stiamo percorrendo una strada già progettata e che ci conduce velocemente a destinazione. Non lo sappiamo … ma il coinvolgimento di tutte/i noi ci rende partecipi di un processo di condivisione e “la costruzione della strada diventa inseparabile dal viaggio stesso”3.


  • Noi qui abbiamo una tavolozza intatta, questa tela bianca con la quale costruiremo un percorso che dal Sacro e dalla Grazia passa alla connessione con la DECRESCITA

  • le parole magiche e il significato simbolico delle stesse e gli stessi simboli sono come un gancio per i differenti passaggi della nostra tela a forma di cerchio

  • Partiamo dalla nostra narrazione autobiografica “l’incontro con il sacro per me” in una forma spiraleggiata

  • Alla ricerca delle caratteristiche della DEA Mefitis: le Carte delle DEE (mettere le divinità che abbiamo scelto e dato a Filomena)


ESTIA - LA DONNA RAGNO - AFRODITE - DEA DELLA NASCITA DI CATAL HUYUK - SANSUNA DI GGANTIJA - KALI - CHALCHIUTLICUE - DEA DI WILLENDORF - INANNA - ECATE - GAIA - DEMETRA E PERSEFONE - RHIANNON ISIDE - ASTARTE - MARIA - DEA DEI SERPENTI DI CRETA


In questo contesto dove si trova il maschile e quale maschile?


Daniela rimanda alla figura del paredro per nominare il compagno della dea/maga/sacerdotessa. In altre parole, potremmo anche dire che è uno dei ruoli del maschio in una società matrifocale.... anche la parola "eroe" che adesso significa proprio il contrario, cioè una quintessenza della mascolinità patriarcale violenta e necrofila, nasce dal paredro di Era, e in origine significava proprio caro alla dea, sacro perché consacrato alla dea.


  • A che rito giochiamo?


Gianluca ha chiesto di dividerci in due gruppi. Uno maschile, l’altro femminile. C’è stato immediatamente un consenso unanime a muoverci in questo modo.

Il gioco consiste nel progettare, ideare, creare un rito. Daniela ha portato del materiale che viene messo a disposizione dei due gruppi … i quali scelgono in relazione al loro sentire … che è anche in funzione del proprio genere.

I gruppi hanno lavorato in maniera molto creativa e anche in relazione ai loro archetipi e al loro sentire … uno maschile … l’altro femminile. Anche nella scelta del materiale c’è stata questa divisione e anche nella rappresentazione.

Il momento è stato molto intenso e anche giocoso … mi domando se il gioco è un rito o viceversa …


1 CIRCE – La seduzione che trasforma – Carla Lanfranchi – Il club delle Streghe

2 ARCHEOLOGIA E LINGUISTICA: sulla tessitura

Un lavoro pioneristico è di Elisabeth Barber (1989).

La sua analisi ha mostrato una chiara stratificazione di termini greci, con particolare riguardo alla terminologia della Tessitura.

Per esempio, quando esaminò i termini della tessitura, trovò che le poche parole erano originariamente indoeuropee, mentre la maggior parte erano non indoeuropee. I termini indoeuropei riguardano solo ciò che si usa nella tessitura nel telaio più piccolo e più primitivo: il telaio a banda. Le parole usate per i telai più avanzati e per la tecnologia della tessitura “punto di cucitura”, “pesi del telaio”, “passo d’ordito”, “liccio”, “trama” – furono prese in prestito dagli abitanti indigeni (pre-indoeuropei) della Grecia.

Questo suggerisce chiaramente che gli Antichi europei possedevano una conoscenza avanzata della tessitura, un fatto confermato dall’archeologia, i parlanti indoeuropei erano primitivi da questo punto di vista. Quando si insediarono in Grecia gli indoeuropei adottarono la tecnologia della Tessitura dai popoli indigeni. Tali scavi nella parola

(archeolinguistica o paleontologia linguistica) gettano nuove luci sulla cultura dell’Europa prima degli indoeuropei.

(Marja Gimbutas – Kurgan)

3 Quintessenza – Realizzare il futuro arcaico - MARY DALY – le civette di venexia



Scarica il documento integrale [formato .doc]




mercoledì 14 dicembre 2011

Del senso del Sacro e della Grazia negli Antichi - I simboli e i nostri nomi [3]


Dal "report del senso del sacro e della grazia e connessioni con la decrescita"
(terza parte)

a cura di Filomena e Daniela


PRESENTAZIONE dei partecipanti nel sito archeologico che abbiamo visitato

  1. Disegniamo un simbolo che nel percorso ci ha risuonato dentro e diciamo il nostro nome . Ogni persona può disegnare un simbolo1 e mettere vicino il proprio nome

  2. Se dico sacro” – cosa è il sacro per me …. In plenaria, nel cerchio.


Dell’invisibile

  1. Il richiamo nella foresta attraverso i Simboli ad occhi chiusi nel prato

  2. Corsa nel buio ….. oscuri richiami


Questo primo passaggio è stato giocato sotto le querce all’entrata del sito.


I SIMBOLI E I NOSTRI NOMI


La spirale: venerata come espressione diretta del potere della divinità, la si osserva riprodotta in natura nella disposizione dei germogli e dei semi nelle piante, nella spirale delle conchiglie dei molluschi, nella conformazione dei cristalli e nelle galassie; il suo simbolismo è affine al labirinto circolare e alla tela del ragno; la danza a spirale è uno dei ‘giochi’ nelle riunioni delle streghe e si svolge prima in senso antiorario poi orario; la danza oberek della Polonia centrale ha una struttura circolare, spiraliforme e ossessiva d’origine sciamanica.


La svastika: simbolo del continuo susseguirsi delle stagioni (vedi oltre a ‘Sedile della Dea’).

Sedile della Dea: illuminato dal Sole in un determinato giorno dell’anno (solstizio d’estate o d’inverno) in quanto elemento maschile fecondante; nei siti del ‘ Sedile della Dea’ si ritrovano spesso graffite le svastike: questa eterna ruota poi spesso scambiata per semplice simbolo solare, è invece simbolo del continuo susseguirsi delle stagioni che garantisce la vita e la riunione, non statica, delle due forze maschile e femminile in un eterno rincorrersi. Anche questi ‘Sedili’ furono poi obliati o demonizzati come ‘sedili delle streghe’ o ‘sedili del diavolo’.

L’albero: l’Albor ‘la madre dei frutti’ latina. Alberi con una fenditura oblunga, arrotondata lungo il tronco: sono ritenuti sede della Dea.

La farfalla: incarnazione del principio di trasformazione, manifestazione della Dea nel suo aspetto di vita emergente; nel linguaggio comune è un epiteto della vulva.


La mela: frutto della dea lunare; se la si taglia orizzontalmente, le due metà mostrano al loro centro un pentacolo i cui semi rappresentano la Dea Luna nelle sue cinque fasi: prima falce, primo quarto, piena, secondo quarto e nera; analogamente vi si riconosce la ‘stella’ Venere/Espero a sera e nell’altra metà Venere/Lucifero che annuncia l’alba. Se la si taglia verticalmente si ottiene una rappresentazione della yoni della Dea.

http://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Dea_simboli.htm


Punto . Matematicamente parlando, non ha dimensioni e dunque è invisibile, al pari del Principio universale di cui è simbolo, perché designa la posizione di centralità interiore, ricollegandosi così al simbolo del centro e al p unto della croce. La verità va dunque cercata in un interiore, iniziato deve tornare in se stesso. Solo nella propria interiorità l’uomo è capace di ritrovare l’energia principale, la cui presenza all’esterno avverte confusamente, per speculum et in aenigmate.


IL SERPENTE

(tratto da Il Linguaggio della Dea di Marija Gimbutas p. 121)


Il serpente è la forza vitale, un simbolo seminale, l’epitome del culto della vita su questa Terra. Non è il corpo del serpente ad essere sacro, ma l’energia trasudata da questo essere che forma spirali o si avvolge, la quale ne trascende i confini e influenza il mondo circostante. Questa medesima energia è nelle spirali, nelle viti, negli alberi in crescita, nei falli e nelle stalagmiti, ma è concentrata soprattutto nel serpente, nel quale perciò ha maggiore potenza. Il serpente era qualcosa di primordiale e misterioso, giungendo dalle profondità delle acque dove la vita ha inizio. Il suo rinnovamento stagionale cambiando la propria vecchia pelle e andando in letargo ne ha fatto il simbolo della continuità della vita e del legame con l’aldilà. I simboli che circondano il serpente e l’antropofomorfica Dea Serpente sono identici a quelli associati con l’uccello acquatico e la Dea Uccello. Dalle immagini di questo capitolo si può osservare che Chevron, X e simboli acquatici, meandri, zig-zag e corsi d’acqua, accompagnano i serpenti, che nella preistoria devono essere stati i guardiani delle fonti della vita, come lo sono ancora oggi nel folclore europeo. La peculiare associazione di serpente e ariete, l’animale sacro alla Dea Uccello, si rileva nelle immagini di serpenti cornuti o con la testa arietina e nell’intercambiabilità tra corna di ariete e spire di serpente. L’intima relazione fra uccello d’acqua e serpente e fra Dea Uccello e Dea Serpente continuò durante tutta la preistoria e in tempi storici.

Nell’antica Grecia gli attributi di Atena sono gli uccelli e i serpenti. C’è una stretta correlazione fra le due Dee maggiori Atena ed Era, quest’ultima una probabile discendente della Dea Serpente. I Santuari dedicate a queste Dee stanno spesso insieme. Il serpente associato con Atena fu visto colare in aria come un uccello. I goblin del folclore europeo che portano tesori agli agricoltori sono serpi volanti o uccelli.

Il serpente è un simbolo trasfunzionale: permea tutti i temi del simbolismo dell’Europa Antica. Il suo influsso vitale era sentito non soltanto nella creazione della vita. Ma anche nella fertilità e nella crescita e particolarmente nella rigenerazione nell’energia vitale che sta estinguendosi. Combinati con piante magiche i poteri del serpente erano in grado di curare e ricreare la vita. Un serpente che si avvita verticalmente simboleggia la forza vitale in ascesa, concepita come una colonna di vita che sorge dalle caverne e dalle tombe e costituiva un simbolo intercambiabile con l’albero della vita e il midollo spinale. Similmente le spire di serpente trasudavano forza rigenerativa come gli umidi occhi della Dea Civetta e il sole. Il serpente dell’Europa Antica è manifestamente una creatura benevola, salvo quando viene rappresentato l’aspetto di reggitrice-di-morte della Dea: allora la Dea è serpente velenoso o appare in guisa di donna con alcune fattezze di serpente. In quest’arte non troviamo niente che ne rifletta la natura malvagia. Si tratta quindi del contrario di quanto si rileva nelle mitologie indoeuropea e del Vicino Oriente, nelle quali il serpente simboleggia i poteri dei maligni. Gli Dei della spada esultano nell’uccidere i serpenti e i draghi: il vedico Indra uccide il serpente Vrtra, Il nordico Thor uccide Midfard, Marduk di Babilonia uccide il mostro Tiamat e così via. Gli indoeuropei hanno timore dei vortici di vento perché vi si nasconde il serpente.

Se dico sacro …. In plenaria, nel cerchio vicino alle querce.


è l’ape che si posa sul fiore, come luogo dell’ARMONIA … è la spiritualità, che non è materiale, intangibile ed è l’origine primordiale e rimanere nei secoli come in un movimento antico, come i luoghi di energia, come la montagna sacra dei Nativi d’America …. La leggiadria con la quale si passa sulla terra , come la vita , sacra …. Intangibile !


Carica di valori, come le persone e gli oggetti e come gli organismi viventi in armonia tra loro … in un rituale …. Immanenza!




La corsa nel buio”

Si forma una schiera da cui si stacca, a turno, una singola persona che va a posizionarsi, ad una certa distanza, di fronte alla linea dell’accoglienza.

Si traccia una linea a distanza dalla schiera: al via, la persona, ad occhi bendati, inizia a muoversi, possibilmente di corsa e come si sente, verso il gruppo che, quando lei arriverà alla linea, l’accoglierà il più dolcemente possibile.

Gioca chi si sente e vuole provare … è come se qui proviamo a sperimentare una nostra parte inconscia, la bambina interiore che sperimenta direttamente il mondo, attraverso la consapevolezza olistica dell’emisfero destro … sensazioni, emozioni, pulsioni, memoria visiva, intuizione e percezione ad ampio raggio .. la saggezza del corpo ti guida e alla fine del viaggio ci si può sentire trasformate.




Seguiteci lungo il percorso!


1 Sostiene Paul Klee, il simbolo è anche una categoria dell’Invisibile, decifrare i simboli ci conduce verso le insondabili profondità del respiro primordiale, così il simbolo collega all’immagine visibile la parte dell’invisibile, tuttavia intuibile se possiamo riaprire un dialogo con entrambi. In altri tempi e in alcune culture questo dialogo era conosciuto come divinazione: ossia “divinare la risposta alla domanda della propria anima attraverso un contatto diretto con l’invisibile”. E’ possibile seguire questo cammino poiché l’universo ci invia messaggi, come insegnamenti, che ci possono guidare lungo il nostro sentiero: il passaggio dal logo al simbolo …. Risacralizzando la natura e riformulando le relazioni, risvegliando le proprie soggettività e con un intento disciplinato, le figlie attuali delle antiche Dee possono con consapevolezza riconnettersi a quella tela, ai fili di luce invisibili creati da Sussistanako dell’America Latina, la dea della creazione e del pensiero, la Donna Ragno che attraverso la creazione, da se stessa, tesse la ragnatela che connette noi e tutto, forme viventi, al Cosmo, la Dea luna potente divinità, forte del suo pensiero …. e del suo agire. Tutto ciò che accade influenza le vite e viene percepito dal nostro essere: dobbiamo tornare ad essere sensibili ai movimenti della ragnatela nelle nostre vite e pensare che quei fili ci connettono a tutti gli altri esseri, piante, pietre. Dobbiamo spostare l’attenzione dalla testa al ventre, dalla mente al corpo e in questo le donne hanno ancora molto da narrare.



lunedì 12 dicembre 2011

Del senso del Sacro e della Grazia negli Antichi - Preambolo [2]


Dal "report del senso del sacro e della grazia e connessioni con la decrescita"
(seconda parte)



Preambolo


Il tempo soggettivo -liberato e consapevole -è il tempo essenziale della re-esistenza, quello dedicato alla cura ed all’ascolto del cuore-abisso; è un “tempo dell’inizio”, la possibilità per ciascuno di percorrere il senso della propria vita nella Vita.1



.. sui passi degli antichi e delle divinità antiche femminili

a cura di Filomena


Tra querce e macchia mediterranea, con lo sguardo che si perde lungo la sinuosa valle del fiume Mingardo, a ripercorrere i passi del popolo lucano, bellicoso e ostile, come lo descrivono gli storici che ne tramandano la memoria, spirituale e complesso, come alcune evidenze sembrano suggerirci. Il sito archeologico è quello di Roccagloriosa, tra le valli del Mingardo e del Bussento, nell’immediato entroterra del Golfo di Policastro: un abitato di V-IV sec. a.C. in parte difeso naturalmente, in parte circondato da poderose mura di fortificazione, in cui gli spazi si articolano, secondo un disegno armonico ed equilibrato, in abitazioni, aree pubbliche, superfici agricole e spazi inutilizzati.

Non lontano sorge la necropoli con le sue tombe monumentali, talvolta precedute da recinti di pietra, aree di rispetto che le rendono simili a veri e propri templi.

Una stretta relazione tra i vivi e i loro antenati era alimentata da una visione ciclica della vita e del tempo. Il ciclo del tempo fluiva da una generazione all’altra, e ogni generazione sapeva che i propri discendenti avrebbero ereditato la stessa terra.

La loro connessione era sancita anche attraverso i ricchi corredi che accompagnavano le sepolture: oggetti carichi di valenze simboliche, come il bracciale a tripla spirale con terminazioni a testa di serpente, gli specchi o le anfore finemente dipinte, come quella su cui si dipana il mito di Niobe, madre di molti figli, vantati per la straordinaria bellezza e posti al di sopra dei figli di Leto e Zeus. Un peccato di presunzione immediatamente punito da Artemide e Apollo, che fanno strage dei figli della donna. Con grande grazia le immagini non ritraggono, come è usuale nella rappresentazione di questo mito, l’atto cruento del massacro, ma il momento commosso e pietoso della trasformazione di Niobe, vinta dall’immane dolore, in una pietra da cui scorre acqua senza fine.

Nella figura di Niobe è adombrata, come confermano alcune versioni del racconto mitico, la madre del genere umano, una sorta di madre e dea primordiale, così simile alla grande divinità del mondo religioso lucano.


Il suo nome è Mefitis, “colei che fuma nel mezzo”o “colei che sta nel mezzo”, dea che agisce tra cielo e terra, tra sottosuolo e superficie.

Il suo culto si colloca in zone boscose, ricche di acque (anche sulfuree), presso la confluenza di tratturi di transumanza.

Il suo nome è spesso associato ad appellativi, tra cui quello di Aravina, derivante, secondo un’interpretazione, dal lat. Arvum, con un significato collegabile alla sfera agraria.

Altro appellativo, attestato in alcune iscrizioni, è quello di Kaporoinna o Kaporotinna che rimanda da un lato alle Nonae caprotinae, le feriae ancillarum, un rito di fertilità celebrato da donne di condizione servile, dall’altro alla capra, animale sacro a Giunone, ma anche a Venere, con la quale la dea Mefite sembra avere molti punti in comune.

Dunque una divinità liminare con connotazioni infere, cui talvolta si accompagnano quelle di dea oracolare, ma anche divinità della fertilità e della fecondità, nonché guaritrice di uomini e armenti.

Tuttavia, tra i molteplici aspetti di Mefite spicca in modo particolare quello liminare: la dea che “sta nel mezzo”, tra il mondo ctonio e quello uranio, tra il sottosuolo e la superficie, tra cielo e terra. Non è dunque un caso che il culto di Mefite sia collegato alla presenza di sorgenti e di acque: l’acqua, elemento di raccordo tra il sottosuolo e la superficie, associata al culto di Mefite acquisisce un significato che va al di là di quello connesso con le consuete pratiche di purificazione rituale tipiche dei contesti sacri.

Il continuo fluire delle acque sorgive diventa sinonimo del perpetrarsi della vita e del rinnovarsi dell’esistenza attraverso i suoi cicli naturali.

Le diverse connotazioni di Mefite, divinità celeste e ctonia, sono confermate dalla varietà iconografica dei tipi presenti nei depositi sacri. Alcune rappresentazioni riconducono al mondo matronale, e mostrano la dea seduta in trono, talora nell’atto di allattare un bambino.

Talvolta la dea è ritratta con il polos (copricapo, segno della condizione divina, associato fin dalla Preistoria a raffigurazioni di divinità ctonie) e la phiale (coppetta che allude al rito libatorio e che, mostrata dalla dea, costituisce un riferimento alla benevolenza della divinità nel riceverlo).

Il carattere infero è testimoniato dall’iconografia della dea che regge in braccio cinghiali, simboli dell’oscurità in lotta con la luce, o stringe nella mano un melograno, frutto anch’esso ambivalente, simbolo di morte e di fertilità/vita, di cui Mefite è regolatrice.



Durante questa visita al sito abbiamo incontrato il custode del luogo che ci ha portato nell’area del mercato dove si affacciano abitazioni, tutte intorno e meraviglia delle meraviglie un pozzo votivo con al fianco un antico forno di cottura del pane. Anticamente il pozzo è il sito presso cui attingere la Sapienza e di esaudimento dei desideri e Il forno per il pane: il pane e il forno sono simboli sacri della Dea; miniature di forni con simboli (losanghe, zig zag, etc.) della Dea sono state ritrovate in tombe del Neolitico; il forno rappresenta l’antro dove dimora e dal quale può provenire la divinità stessa: è il caso di forni antropomorfi con fattezze di Dea.

Il custode ci rivela anche che nella tomba della Principessa sono stati ritrovati monili d’oro tra cui un bracciale a forma di serpente ed uno specchio.

1 “Il Gioco del MONDO” di Raffaele K Salinari – Punto Rosso


sabato 10 dicembre 2011

Del senso del Sacro e della Grazia negli Antichi - la Donna Ragno [1]


Dal "report del senso del sacro e della grazia e connessioni con la decrescita"
(prima parte)

a cura di Filomena e Daniela



In principio non c’era niente se non Sussistanako, la Donna Ragno, la Donna Pensante, la Donna Pensiero. Nessun’altra creatura vivente, né uccello né fiera né pesce viveva ancora.

Nell’oscura luce viola che splendeva all’alba dell’essere, la Donna Ragno tirò un filo da est a ovest e un altro da nord a sud. Quindi, sedette sui fili che aveva appena filato attraverso l’universo e cantò con una voce incredibilmente profonda e dolce. E come cantava, nacquero due figlie: Ut Set, che divenne la madre del popolo dei Pueblo e Nau Ut Set, che divenne la madre di tutti gli altri popoli.

Seguendo le indicazioni che dava loro la Donna Ragno, le due sorelle crearono il sole impastando conchiglie bianche, rocce rosse, del turchese e delle conchiglie madreperlacee. Quando fu pronto, lo rotolarono su per la montagna più alta e da lì lo lanciarono in cielo, perché potesse dare la luce. E quando videro che di notte era ancora buio, allora formarono la luna , mescolando insieme pezzi di scura roccia nera, gialla e rossa e del turchese. Ma le cose non erano ancora del tutto a posto, perché quando la Luna viaggiava lontano vi erano molte notti in cui ancora non si riusciva a vedere. Fu per questo che, con l’aiuto della Donna Ragno, Ut set e Nau Ut Set crearono il Popolo delle stelle e diedero loro come occhi lucidi cristalli scintillanti, così che non ci sarebbe più stata l’oscurità completa.

Quando le luci del cielo furono a posto, la Donna Ragno prese della terra rossa, gialla, bianca e nera e con essa creò le donne e gli uomini. E in ciascuno di loro pose un filo di saggezza creativa, che filò dalla sua essenza di Ragno: e così ciascuno fu attaccato a lei con un filo della sua ragnatela. E’ per questa ragione che ognuno di noi è legato alla Donna Ragno da un sottile filo di ragnatela posto all’apertura della sommità del capo. Chi non lo sa, lascia che questa apertura si richiuda: ma solo quando la teniamo aperta possiamo, lasciando uscire il nostro canto, restare attaccati alla saggezza della Donna Ragno.”1

La connessione della Donna Ragno

Donna Ragno, aiutami a ricordare la ragnatela che unisce me e tutta la vita a te. Costruiamo insieme un nuovo mondo che onori ogni forma di vita e tutto quello che tu hai creato”. 2


1 Tratto da “Colei che dà la vita colei che dà la forma” di Luciana Percovich

2 “La sapienza della DEA – miti, meditazioni, simboli e siti sacri” Dee Poth – Ed. Psiche 2


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venerdì 9 dicembre 2011

Immaginando una manutenzione incantata del mondo


a cura di D. Degan


Siena - Se non ora quando - 19 novembre 2011

Immaginando le società della decrescita

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Altri mondi possibili: lavoro, cura, arte, immaginario ... Immaginale!
Immaginando di essere parte di un cerchio.



Relazione


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lunedì 31 ottobre 2011

Il laboratorio itinerante della decrescita di Roma: work in progress


Per informazioni o aggiornamenti sulle attività e sul lavoro di ricerca del LABORATORIO ITINERANTE DELLA DECRESCITA DI ROMA potete scrivere a una delle seguenti e-mail: