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Benvenuti nel blog del LABORATORIO ITINERANTE della DECRESCITA di ROMA

venerdì 6 aprile 2012

Magnifiche sorti e progressive? Decrescita!

Di seguito la "lettera aperta" in risposta all'articolo apparso sul Manifesto dal titolo: "Decrescita, fuga verso il passato" (del 01.04.2012)

La decrescita non è il passato, discutiamone Tartaruga

il manifesto 2012.04.05 - 15 COMMUNITY

OPINIONI


L'economista Giovanni Mazzetti sul Manifesto critica le teorie della decrescita e i teorici della decrescita, come Serge Latouche, accusando di «vocazione nostalgica», di «fantasie di fuga», di essere sostenitori di un progetto di «natura regressiva». Il nuovo motivo di riflessione è l'antropologia e un passo di un'intervista di Latouche sul paleolitico di cui - se vorrà - risponderà di persona. Noi, più modestamente e garbatamente, insistiamo nel chiedere agli economisti di tutte le scuole della crescita (neoliberiste, keynesiane, marxiste...) di confrontarsi su alcune importanti questioni:


1. Una crescita esponenziale in un mondo finito prima o poi si scontra con i limiti fisici del pianeta. I prezzi del petrolio, del litio, delle terre rare, dei generi alimentari... forse c'entrano qualcosa con questo problema. La riduzione dei flussi di materia e di energia impegnati nei cicli produttivi, quindi, ci sembra una direzione obbligatoria da seguire. L'economista Nicholas Georgescu-Roegen, già negli anni '70, mostrò chiaramente come l'economia non possa prescindere dalle leggi della fisica, ed in particolare dal Secondo Principio della termodinamica. In questo non c'è alcuna nostalgia del passato, ma un semplice riconoscimento di un principio di realtà. Più recentemente un altro economista, Joan Martinez-Alier, ha studiato il metabolismo dei diversi sistemi sociali, facendo non poche scoperte a proposito di chi è più avanti e chi più indietro nella costruzione di società più sostenibili e più eque.


2. L'innovazione tecnologica, che pure non va considerata di per se stessa un male, non sempre ci viene in aiuto. Il surriscaldamento del pianeta, Fukushima, l'amianto, le polveri sottili, ci insegnano qualcosa. Se i risparmi energetici che si raggiungono con una maggiore efficienza degli apparati produttivi vengono impegnati per aumentare i volumi delle merci prodotte e consumate, il risultato in termini di bilancio complessivo dei prelievi e dei consumi di natura non migliorerà. Più di un secolo fa un altro economista, William Stanley Jevons, ne trasse un famoso paradosso. Senza una fuoriuscita dalla logica incrementale della crescita nemmeno la green e la blue economy ci salverà.


3. L'aumento del Pil, del resto, non sembra garantire più livelli soddisfacenti di benessere e occupazione, lo hanno ammesso anche i premi Nobel convocati da Sarkozy (seppure con quarant'anni di ritardo rispetto a Robert Kennedy). La crescita enorme che ha avuto la produttività del lavoro ha creato maggiori profitti e maggiori ricchezze monetarie, ma senza una migliore distribuzione dei carichi di lavoro non si genereranno benefici sociali.


4. Che il Pil sia una misura sbagliata ce lo dicono anche molte ricerche di psicologia sociale: la percezione del benessere individuale dipende sempre dalla qualità e dall'accesso ai beni comuni che quindi vanno sottratti al dominio della ragione economica capitalistica (intensificazione dei rendimenti dei fattori produttivi: materie prime e forza lavoro). I beni comuni, quindi, possono essere una via di accesso ad un nuovo paradigma economico che non ha più nulla a che fare con la crescita, ma con la valorizzazione del territorio, la cura, la preservazione, la condivisione. Gli studi di Elinor Ostrom (Nobel per l'economia) ci potrebbero indicare qualche strada.


5. Ma è certamente vero che nessuna di queste decrescite avverrà se prima di tutto non recupereremo la capacità di immaginare assetti sociali ed economici radicalmente diversi. Anche le ricerche storico-antropologiche di studiosi quali Karl Polanyi, Marshall Sahlins e Pierre Clastres dimostrano semmai come sia l'ideologia economica contemporanea a presupporre indebite e infondate proiezioni negative sulle forme di vita del passato, che non a caso Mazzetti riclassifica nella categoria di «animalità». Il confronto con il passato peraltro non serve per riproporre acriticamente forme di vita di altri secoli, ma per mostrare che in prospettiva la cosiddetta società dell'abbondanza ha prodotto in realtà un deficit di tempo libero, di convivialità e anche di signoria sulla propria vita. È vero tuttavia che l'umanità non ha mai vissuto una "età dell'oro" e che forse nemmeno il futuro le riserverà un avvenire di pace e di prosperità perpetua. Ma non per questo dobbiamo rinunciare a migliorarci. Forse ci sono modi di vivere più appaganti e gratificanti che non quelli di passare da una catena di montaggio ad un supermercato attraverso una automobile. I nostri bisogni e i nostri desideri forse si possono soddisfare anche senza lavorare male e consumare peggio. Sarà anche vero che homo sapiens è predatore ed egoista ma, come mostrano anche recenti ricerche nell'ambito dell'antropologia e delle scienze neurali, rimane pur sempre capace di compassione, cooperazione, amore per l'altro. Sopratutto, non può svilupparsi pienamente in assenza di relazioni soddisfacenti con il suo prossimo e con l'ambiente i cui vive. Non può essere allora che ammettere un senso del limite, porre un freno alla dismisura, costituisca oggi la strada non per un ritorno al passato ma per un ritorno a noi stessi con più libertà, maturità e creatività?
Saremmo felici di continuare il confronto con tutti quelli che come il prof. Mazzetti stanno riflettendo su questi temi chiedendo anche a lui di partecipare alle discussioni all'interno della terza Conferenza Internazionale su decrescita, sostenibilità ambientale ed equità sociale, che si terrà a Venezia dal 19 al 23 settembre (www.venezia2012.it).

Mauro Bonaiuti, Paolo Cacciari, Eliana Caramelli, Alberto Castagnola, Daniela Degan, Marco Deriu, Dalma Domenighini, Chiara Marchetti, Ferruccio Nilia, Chiara Spadaro, Daniela Passeri, Lucia Piani, Auretta Pini, Gianni Tamino

1 commento:

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