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mercoledì 8 maggio 2013

SOPRAVVIVERE ALLO SVILUPPO – SCHEDA SVILUPPO



SOPRAVVIVERE ALLO SVILUPPO – SCHEDA SVILUPPO

Non è la felicità che conta? Non è per la felicità che si fa la rivoluzione? La condizione contadina o sottoproletaria sapeva esprimere, nelle persone che la vivevano, una certa felicità “reale”. Oggi, questa felicità – con lo Sviluppo – è andata perduta. Ciò significa che lo Sviluppo  non è in nessun modo rivoluzionario, neanche quando è riformista.
Esso non dà che angoscia.
SCRITTI CORSARI – P.P.Pasolini 

Il concetto di sviluppo: la sua data di nascita è fissata con precisione se ricerchiamo il senso che ha assunto in economia  l’attuazione di politiche e di progetti sugli stati. Si tratta del 20 gennaio 1949 – Casa Bianca. Il presidente del Stati Uniti d’America Truman definisce come regioni sottosviluppate la maggior parte del mondo. Il Presidente traccia il cammino: “Una maggiore produzione è la chiave della prosperità e della pace”.  In questa ottica, le nazioni vengono classificate come corridori: quelle attardate in coda e quelle che guidano la corsa. E, “gli Stati Uniti si distinguono tra le nazioni per lo sviluppo delle tecniche industriali e scientifiche. Camuffando i suoi interessi come generosità, Truman non esitò ad annunciare un programma di aiuto tecnico che avrebbe  eliminato “la sofferenza di queste popolazioni” grazie all’ “attività industriale” e all’ “aumento del tenore di vita”.

Definizione

Il dizionario definisce lo sviluppo nel seguente modo: rendere più grande, più forte, dare ampiezza. Tale impostazione fa pensare a qualcosa di esclusivamente positivo. Nella attuale società, quella nostra, del nord, il termine viene subito recepito, anzi meglio percepito,  nella sua dimensione economica poiché nel nostro immaginario l’economia non è più considerata come mezzo, ma semplicemente, diventa il fine. Così lo sviluppo è quello economico, la crescita è economica e le società sviluppate sono solo le società di consumo. Gli altri abitanti del mondo sono o in via di sviluppo oppure “sottosviluppati”. Eppure in molte civiltà,  prima di entrare in contatto con l’ “occidente”, il concetto di sviluppo era assente  questa parola non esisteva. In diverse lingue africane la stessa parola “sviluppo” non ha nessun temine equivalente. I Camerunesi di lingua eton sono molto espliciti: parlano di “sogno del bianco”. Altri esempi si possono fare ma il più delle volte le società tradizionali preferiscono assegnare maggiore importanza e attribuire valore alla continuità, alla regolarità, a una vita che conservi il suo corso familiare e sicuro e di relazione sociale.

Noi invece lo abbiamo definito bene il temine. Era il 20 gennaio 1949 e il  Presidente Truman fece questa dichiarazione:
“Dobbiamo lanciare un nuovo programma che sia audace, e che metta i vantaggi della nostra avanzata scientifica e del nostro progresso industriale al servizio del miglioramento e della crescita delle regioni arretrate. Più della metà delle persone di questo mondo vivono in condizioni vicine alla miseria. Il loro cibo è insoddisfacente. Sono vittime delle malattie. La loro vita economica è primitiva e stazionaria. La loro povertà costituisce un handicap e una minaccia, tanto per essi che per le regioni più prospere. Per la prima volta nella storia, l’umanità detiene le conoscenze e pratiche suscettibili per alleviare le sofferenze delle persone.
Gli Stati Uniti occupano tra le nazioni un posto preminente quanto allo sviluppo delle tecniche industriali  e scientifiche. Le risorse materiali che possiamo permetterci d’utilizzare per l’assistenza ad altri popoli sono limitate ,  ma le nostre risorse in conoscenze tecniche – che fisicamente non pesano nulla- non cessano di crescere e sono inestinguibili.
Credo che dovremmo mettere a disposizioni dei popoli pacifici i vantaggi della nostra riserva di conoscenze tecniche al fine di aiutarli a realizzare la vita migliore alla quale aspirano. E, in collaborazione con altre nazioni, dovremmo incoraggiare l’investimento di capitali nelle regioni dove lo sviluppo fa difetto.
Il nostro scopo dovrebbe essere quello di aiutare i popoli liberi del mondo a produrre, attraverso i loro stessi sforzi, più cibo, più vestiti, più materiali di costruzione, più energia meccanica al fine di alleggerire i loro fardelli.
Invitiamo gli altri Paesi a mettere in comune le loro risorse tecnologiche in questa operazione. I loro contributi saranno accolti calorosamente. Questa deve costituire un’impresa collettiva alla quale tutte le nazioni collaborino attraverso le Nazioni Unite e le loro istituzioni specializzate, per quanto sia realizzabile. Si deve trattare di uno sforzo mondiale per assicurare l’esistenza della pace, dell’abbondanza e della libertà.
Con la collaborazione degli ambienti d’affari, del capitale privato, dell’agricoltura e del mondo del lavoro di questo Paese, questo programma potrà accrescere grandemente l’attività industriale delle altre nazioni e aumentare sostanzialmente il loro livello di vita.
Questi nuovi sviluppi economici dovranno essere concepiti e controllati in modo da dare profitto  alle popolazioni delle regioni nelle quali saranno messi in opera. Le garanzie accordate all’investitore dovranno essere equilibrate da garanzie che proteggano gli interessi di coloro le cui risorse e il cui lavoro si troveranno impegnati in questi sviluppi.
Il  vecchio imperialismo – lo sfruttamento a servizio dei profitti stranieri – non ha nulla a che vedere con le nostre intenzioni. Ciò a cui pensiamo è un programma di sviluppo fondato sui concetti di una negoziazione equa e democratica.
Tutti i Paesi, ivi compreso il nostro, approfitteranno largamente di un programma costruttivo che permetterà di meglio utilizzare le risorse umane e naturali del mondo: L’Esperienza mostra che il nostro commercio con gli altri Paesi si sviluppò  con i progressi industriali ed economici.”



Dopo il passare del tempo da queste affermazioni di un pensiero che diventa unico, la realtà se indagata con attenzione fa emergere, come sostiene Gilbert Rist che lo sviluppo “è simile ad una stella morta, di cui si vede ancora la luce, anche se si è spenta da tempo e per sempre”.




La scheda è a cura di Daniela Degan preparata per il laboratorio:

 IL RESPIRO PROFONDO DI UNA NUOVA ERA: LA DECRESCITA’ CHE VERRA’”
Daniela Degan - Alberto Castagnola  -  Ilaria Mascaro
Realizzato  PER IL CONVEGNO “CULTURE INDIGENE DI PACE” – TORINO 2012

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